L’arresto cardiaco nello sport: come ridurre le morti in campo

Arresto cardiaco: numeri, cause e trattamento

Come abbiamo scritto più volte, ogni anno in Italia vengono colpite da arresto cardiaco più di 60.000 persone. Tra le vittime dell’arresto cardiaco si trovano anziani e cardiopatici, ma anche bambini, giovani e sportivi, purtroppo.

In più dell’80% dei casi, inoltre, l’arresto cardio-circolatorio viene provocato da aritmie maligne che, se non vengono trattate precocemente, conducono inevitabilmente alla morte (Morte Cardiaca Improvvisa, MCI). Tali aritmie sono la Tachicardia Ventricolare (TV) e la Fibrillazione Ventricolare (FV).

In queste circostanze, l’unica terapia efficace in grado di scongiurare la morte certa è la defibrillazione precoce assieme alle opportune manovre di Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP).

In caso di tachicardia o di fibrillazione ventricolare il cuore in realtà non è fermo, ma si contrae in maniera caotica. Il risultato di tali contrazioni non coordinate all’interno dei ventricoli cardiaci è che il sangue non riesce ad essere pompato all’interno del nostro corpo. In questo modo, organi vitali, come il cervello, andranno in carenza di ossigenazione.

Per questo motivo, diventa di fondamentale importanza intervenire in maniera tempestiva: entro 4-5 minuti dall’insorgenza dell’evento. Ogni minuto trascorso senza un adeguato soccorso riduce, infatti, del 10% la possibilità di recuperare l’infermo. Pertanto, dopo soli 10 minuti di tempo le probabilità di sopravvivere si riducono praticamente a zero.

Questa drammatica tempistica ha determinato la considerazione che, in caso di arresto cardiaco, le manovre di primo soccorso (rianimazione cardio-polmonare e defibrillazione precoce) debbano essere prestate dal testimone stesso dell’accaduto al fine di mantenere in vita la vittima nell’attesa che sopraggiungano i mezzi di soccorso.

Poiché avviene assai di rado che un arresto cardiaco, come qualunque altro malore, colpisca in presenza di operatori sanitari, sarebbe opportuno che sempre più persone iniziassero a seguire i corsi BLS-D (Basic Life Support and Defibrillation) al fine di imparare ad intervenire in maniera corretta in caso di emergenza.

Durante questi corsi di formazione, per l’appunto, si apprende anche come debbono essere utilizzati i cosiddetti DAE (Defibrillatori Automatici Esterni). Tali strumenti salvavita, infatti, sono nati per poter essere utilizzati anche da personale non sanitario. Una volta accessi e dopo aver collegato nella maniera opportuna gli elettrodi al paziente, saranno i dispositivi stessi che valuteranno la necessità o meno dell’erogazione di una scarica elettrica al cuore del paziente.

Sport e arresto cardiaco

Anche lo sport, come accennato all’inizio di questo articolo, non è esente da un fenomeno così drammatico come l’arresto cardiaco, anche se in realtà ciò che lo determina, generalmente, è una pre-esistente e misconosciuta cardiopatia. Lo sforzo fisico, pertanto, ha il ruolo di fattore precipitante in conseguenza del quale l’apparato cardiovascolare cede.

Da un’indagine condotta dalla Fondazione Giorgio Castelli Onlus, dedicata, appunto, al giovane Giorgio, morto nel febbraio 2006 a causa di un arresto cardiaco che lo ha colpito mentre stava giocando a calcio con i suoi compagni di squadra, i praticanti sport in maniera dilettantistica o amatoriale che sono deceduti durante la pratica di un’attività sportiva dal 2010 al 2014 superano ampiamente le 200 unità. Tali dati, peraltro, sono certamente sottostimati: nel nostro Paese, infatti, non esistono registri che annotino tali decessi (l’unico esistente è attivo in Veneto).

In tutti questi casi l’arresto cardiaco ha colpito prevalentemente persone di sesso maschile con un’età media si soli 35 anni. Le discipline più interessate da questo triste fenomeno sono rappresentate dal calcio e dal calcetto (gli sport di gran lunga più praticati nel nostro Paese), dal ciclismo, dal jogging e dal fitness. Purtroppo, però, nessuna disciplina sportiva ne è immune.

Sempre dall’indagine precedentemente citata è emerso che il 25% delle morti per arresto cardiaco si è verificato in atleti tesserati per le varie Federazioni e quindi sottoposti regolarmente ad accertamenti medici al fine del rilascio dell’idoneità sportiva.

In questo sottogruppo, inoltre, l’arresto cardiaco si è manifestato in egual misura sia nelle competizioni ufficiali che durante gli allenamenti. Nessuna delle vittime, fra l’altro, è stata defibrillata entro i 10 minuti perché in nessun caso era presente un defibrillatore automatico esterno sul luogo dell’evento.

Come limitare le morti per arresto cardiaco

Premesso che l’arresto cardiaco non è eliminabile, è doveroso chiedersi come contenere tale fenomeno di fronte a dati di questa portata.

Per prima cosa sarebbe opportuno che l’accertamento medico per l’idoneità sportiva riguardasse tutti coloro che praticano attività ludico-sportive; tali visite mediche, inoltre, dovrebbero obbligatoriamente comprendere anche l’elettrocardiogramma (ECG) sotto sforzo.

Inoltre, bisognerebbe diffondere su tutto il territorio nazionale una cultura dell’emergenza applicata allo sport, ovvero un insieme di conoscenze pratiche e teoriche che consentano ad un operatore laico di salvare la vita ad una persona colpita da arresto cardiaco. Ovviamente, affinché ciò avvenga, è necessario dotare tutti gli impianti sportivi (e non solo) di defibrillatori automatici esterni, gli unici dispositivi in grado di trattare efficacemente un arresto cardiaco.

A questo proposito, ricordiamo che l’obbligo per tutte le società sportive dilettantistiche di dotarsi di un DAE è stato (nuovamente!) prorogato al 30 novembre 2016. Il Decreto Balduzzi, inoltre, prevede che ogni A.S.D. dovrà occuparsi di formare adeguatamente una o più persone della propria associazione sul corretto utilizzo di tali dispositivi.

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