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Caso Morosini: come si è conclusa la vicenda?

Tra pochi giorni saranno già passati 8 anni dalla sua tragica morte, avvenuta il 14 aprile 2012 al 29-esimo minuto della partita Pescara-Livorno. Ma come si è conclusa questa terribile vicenda? Andiamo per ordine.

Chi era Piermario Morosini

Nato a Bergamo il 5 luglio del 1986, Piermario Morosini era un calciatore professionista di ruolo centrocampista. Rimasto orfano di mamma a soli 15 anni e orfano di papà soltanto due anni dopo, nel 2004 ha dovuto affrontare un altro lutto: quello del fratello disabile, morto suicida. Gli era rimasta solo una sorella, anch’essa disabile. Una vita non facile, insomma, ma tutti descrivono Morosini come un ragazzo solare e sempre sorridente, nonostante tutto.

Quel giorno stava facendo la cosa che amava di più, che era anche il suo lavoro: stava disputando una partita del campionato di serie B con la maglia numero 25 del Livorno, la squadra in cui militava (in prestito dall’Udinese) dal 31 gennaio 2012.

Carriera di Piermario Morosini

Nella sua breve carriera da calciatore, Piermario Morosini aveva militato anche nelle Nazionali giovanili (partendo dall’Under-17), esordendo nella Nazionale Under-21 nel settembre del 2006. Fece parte, fra l’altro, della squadra azzurra che partecipò all’Europeo Under-21 del 2009 in Svezia.

La sua carriera da calciatore iniziò presso la Polisportiva Monterosso, squadra di quartiere di Bergamo. Cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta, con la quale vinse uno scudetto Allievi, nel 2005 passò in compartecipazione all’Udinese giocando a 19 anni la prima stagione da professionista, vantando 5 presenze in Serie A. L’allenatore Serse Cosmi lo fece esordire il 23 ottobre in Udinese-Inter.

Piermario aveva giocato anche tre partite in Coppa Italia e una in Coppa UEFA: l’ottavo di finale Levski Sofia-Udinese. Nella stagione 2006-2007 passò al Bologna, in Serie B, scendendo in campo in ben 16 occasioni. Nel luglio 2007, riscattato dall’Udinese, passò al Vicenza, sempre in Serie B. Con la squadra veneta conquistò la salvezza contribuendo con 34 presenze e un gol. A fine annata il Vicenza ne riscattò la metà del cartellino, e quindi giocò altre 32 partite.

Nell’estate del 2009 l’Udinese riscattò la metà per una somma pari a circa 1,5 milioni di euro. Il 31 agosto 2009 passò in prestito alla Reggina e il1º febbraio 2010 passò al Padova, debuttando con i biancoscudati nel match contro il Piacenza.

Nel gennaio 2011 tornò in prestito al Vicenza, debuttando da titolare il 7 febbraio nella partita contro il Livorno. Il 31 gennaio 2012 passò in prestito dall’Udinese al Livorno, debuttando nella partita contro il Vicenza giocata l’11 di febbraio.

Come sappiamo, morì a causa di un arresto cardiaco durante la partita del 14 aprile 2012, durante il match fuoricasa contro il Pescara. Non aveva ancora compiuto 26 anni.

Morte

Piermario Morosini si accasciò improvvisamente a terra al 29-esimo minuto del primo tempo. Tentò di rialzarsi per ben due volte, poi più nulla. Steso a pancia in giù, venne subito accerchiato da alcuni compagni che lanciarono l’allarme. Il gioco venne subito interrotto dall’arbitro.

I medici delle due squadre, Manilo Porcellini (del Livorno) ed Ernesto Sabatini (medico del Pescara) soccorsero subito il ragazzo iniziando a praticargli il massaggio cardiaco e la ventilazione artificiale. Con circa 3 minuti di ritardo, arrivò in campo anche l’ambulanza del 118 con medico (Vito Molfese) e infermieri a bordo.

Un volontario della Croce Rossa, Andrea Silvestre, portò subito un defibrillatore semiautomatico esterno accanto al corpo del ragazzo, ma nessuno lo utilizzò.

Morosini venne caricato in ambulanza e fu trasportato d’urgenza all’ospedale Santo Spirito di Pescara.

Alle ore 17:00, il Dottor De Blasi rese noto che “il giocatore era morto a causa di un arresto cardiaco”. Aggiunse, inoltre, che arrivò in ospedale già morto.

Il primario del reparto di Cardiologia, Leonardo Paloscia, volle precisare: “Abbiamo fatto tutto il possibile per rianimare il ragazzo. Ma purtroppo non ha mai ripreso conoscenza”.

Il processo

“Quando arrivai in campo c’erano il medico del Pescara e il medico del Livorno che stavano soccorrendo il giocatore. Un defibrillatore DAE era aperto all’altezza della testa di Morosini. Io lo segnalai per ben due volte, ma nessuno lo utilizzò e nessuno mi disse di farlo. Normalmente chi arriva per primo è colui che deve guidare le operazioni” – dichiarò Marco Di Francesco, infermiere del 118 in turno quel 14 di aprile.

Fig. 1 – L’operatore della Croce Rossa Andrea Silvestre porta un defibrillatore (e lo apre) accanto al corpo di Morosini.

“Se c’è un incendio devi usare l’estintore, anche se poi l’incendio non lo fermi: ma siccome il defibrillatore è anche diagnostico, e non solo terapeutico, a maggior ragione un medico lo deve usare” – dichiarò la Dott.ssa Basso, docente di Anatomia patologica all’Università di Padova, perito nominato dalla famiglia del calciatore, assieme al perito del Pubblico Ministero.

“Se si mette in correlazione l’intervallo di tempo intercorso tra l’arresto cardiaco e il primo shock defibrillante con le possibilità di sopravvivenza del paziente – dichiararono i periti Cristian D’Ovidio, Giulia D’Amati e Simona Martelloè possibile affermare che, all’arrivo sul posto del medico del 118, le possibilità di sopravvivenza di Morosini erano pari a circa il 70%. Oltre alla presenza del defibrillatore, difatti, va considerata anche la disponibilità di quel giorno di tutti i presidi farmacologici e non necessari alla stabilizzazione del paziente”.

Qualunque medico presente nel soccorrere Morosini avrebbe dovuto usare il defibrillatore. Questa fu, sostanzialmente, la motivazione che spinse Laura D’Arcangelo, giudice del Tribunale monocratico di Pescara, a condannare in primo grado per omicidio colposo, il 13 settembre 2016, i tre medici coinvolti nel caso: Vito Molfese, 1 anno di reclusione; Manilo Porcellini, 8 mesi di reclusione; Ernesto Sabatini, 8 mesi di reclusione. I tre vennero anche condannati, insieme alla Asl di Pescara e alla Pescara Calcio, al pagamento di una provvisionale di 150mila euro.

Anche in secondo grado, nel febbraio 2018, la Corte d’Appello dell’Aquila confermò quasi in toto la sentenza di primo grado. Ma dopo arrivò “il bello”.

Il primo colpo di scena avvenne il 10 aprile 2019, quando la Corte di Cassazione annullò la sentenza di condanna per i tre medici e dispose un nuovo processo presso la Corte d’Appello di Perugia.

“Le valutazioni espresse nella sentenza di condanna e poste alla base della ritenuta sussistenza del nesso di derivazione causale tra le condotte dei sanitari e la morte improvvisa del giovane calciatore sono da un lato carenti e dall’altro inficiate da aporie logico-argomentative”. Questa fu la motivazione.

Infine, l’assurdo: nessun colpevole per la morte di Piermario Morosini. L’11 ottobre 2019, difatti, la Corte d’Appello di Perugia ha assolto tutti e tre i medici coinvolti nel caso, imputati, per l’appunto, per non aver utilizzato il defibrillatore.

“Nella sentenza d’appello non sono state considerate le condizioni di concitazione e urgenza in cui si svolse l’azione di soccorso, nella prospettiva della concreta esigibilità di una condotta diversa da parte dei medici” – questa la giustificazione.

Ci auguriamo che la procura generale decida di presentare ricorso in Cassazione, perché riteniamo che questa dolorosa vicenda non possa finire così!


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https://www.heartsinepad.it/news/caso-morosini-dae-le-probabilita-salvarlo-60-70/
https://www.heartsinepad.it/news/piermario-morosini-condannati-medici-non-aver-utilizzato-defibrillatore/
https://www.heartsinepad.it/news/caso-morosini-perche-nessuno-ha-usato-il-defibrillatore/


Fonti:
https://www.lanazione.it/
https://www.repubblica.it/
https://it.wikipedia.org/

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